La difficile stagione dei giornali, stretti tra la politica invadente e le proprietà editoriali che la assecondano, cercando di scambiare consenso e vantaggi, invece di vendere notizie ai lettori e pubblicità agli inserzionisti
Guglielmo Ragozzino
Sappiamo tutti che il giorno dopo un giornale serve assai bene a incartarci il pesce. Ma il giorno fatidico, il giorno dell’edicola, a cosa serve, chi lo usa? Oltre ai poligrafici e ai giornalisti che gli dedicano il loro tempo e ne ricavano spesso uno stipendio, vi sono altri personaggi intorno ai giornali: sono proprietari, lettori, politici.
1. E’ questo il triangolo dei giornali. Non mancano certo le semplificazioni. Alcuni giornali non hanno un pubblico di veri lettori; su quelle pagine i politici si parlano con ancor maggiore facilità, con l’intermediazione dei proprietari. A volte la semplificazione è ancora più marcata e i giornali appartengono ai partiti politici che dialogano tra loro. Infine vi sono giornali tanto immedesimati nella politica da agire direttamente come partiti, senza alcuna mediazione.
Altri giornali non fanno parte dei giri politici e parlano solo al loro pubblico che a volte è largo e indifferenziato, ma più di frequente è locale o specializzato e si interessa, per esempio, di finanza o di petrolio; oppure vi sono quotidiani di nicchia. E i politici giudicano se valga la pena di prenderli in considerazione.
2. Va chiarito che i politici in questione non sono soltanto quelli presenti tra parlamento e partiti, di governo e opposizione. Tra i principali politici da considerare vi sono gli amministratori di regioni e città importanti, i grandi burocrati delle varie amministrazioni pubbliche, compresa la polizia, i carabinieri e i servizi segreti, i generali delle varie armi e della finanza, e ancora capi delle procure, magistrati, membri delle autorità garanti. Possiamo aggiungere i capi azienda di industrie, imprese, banche, sindacati. L’ordine di grandezza che si può presumere è quello delle centomila persone. Tutti costoro parlano tra loro, moltissimo per telefono, molto attraverso i giornali. Un buonissimo punto di partenza per i giornali che non vanno in edicola ma sono da mazzetta.
3. I quotidiani sono doppiamente importanti. Essi consentono ai politici di comunicare le loro opinioni al mondo, e quel che più amano, agli altri politici, mediante interviste, articoli mirati, retroscena; essi inoltre fungono da spartiacque tra le cose che contano e possono entrare a far parte dell’agenda politica e le altre faccende. Per un politico, una questione emerge o addirittura esiste solo se ne parlano i giornali. Egli può avere sulla scrivania un rapporto completo su un certo argomento, ma non se ne occupa, anzi lo ritiene irrilevante o inesistente, finché qualche giornale non ne parli. Spesso anche il giornale agisce con una mira perfetta: rivolge la sua cosiddetta inchiesta a un unico lettore, il ministro Tizio o il segretario Caio e agita accortamente i lettori, crea lo scandalo, finché l’inchiesta non arrivi a bersaglio e il ministro non venga a patti. Non dobbiamo scandalizzarci: gli scavatori nel letame, i muckraker sono gli eroi che hanno fondato il giornalismo all’americana. Il patteggiamento finale è un di più, poco eroico, ma che ha preso il sopravvento nella vecchia Europa.
4. Dal punto di vista della proprietà i giornali servono soprattutto per fare affari. Editori puri ne esistono pochi: Dei sette maggiori gruppi nazionali i primi quattro: Corriere, Repubblica, Sole, Messaggero, fanno capo a nuclei forti di finanza, industria, banca e costruzioni, a volte molto intrecciati tra loro. Il quinto, Quotidiano nazionale pur avendo le origini lontane nello zucchero e nel petrolio ora sembra mancare di un interesse extragiornalistico cospicuo. Sei e sette, Stampa e Giornale sono facilmente collegabili a Fiat e Berlusconi.
Fare affari non significa ottenere per i proprietari industriali ricche commesse: queste verranno da sé, una volta messi in fila: interesse generale, interesse di partito e interesse di gruppo industriale di cui la testata è parte. C’è di più e di meglio. Un grande giornale chiede piuttosto una scelta politica, una nomina, un’alleanza, un’informazione: tutte cose molto utili per la proprietà che vive e prospera nell’insider trading. Non va dimenticato poi, che come i partiti e le imprese, anche i quotidiani sono in concorrenza tra loro, cercano di accapparrarsi lettori, normali e politici, inserzionisti pubblicitari, grandi firme, grandi interviste. In questo modo direttori e redazioni provano la propria maestria agli occhi della proprietà.
5. La concorrenza dei quotidiani cade in un brutto momento. Le vendite reali del 2005 sono inferiori ai 6 milioni di copie; le stesse del 1984 che erano le stesse del 1958. Per raggiungere i lettori e incrementare il bottino pubblicitario alcuni tra i maggiori gruppi editoriali si sono lanciati nell’esperienza della free press. Il Corriere sta approntando un’edizione free pomeridiana. Internazionale del 1° settembre, riprendendo The Economist, attribuiva all’Italia il valore assai basso di 149 copie di quotidiani vendute ogni 1.000 abitanti. Se sono veri invece i dati della Fieg, la Federazione degli editori, con 6 milioni di venduto, non si va tanto lontano: le copie vendute sono poco più di cento per mille abitanti, ciò che ci colloca tra Croazia (101) e Turchia (96), e non tra le più apprezzate (dai facitori di classifiche) Francia (160) e Polonia (126); ammesso naturalmente che l’unico errore riguardi l’Italia.
In ogni caso le vendite nazionali ristagnano e i conti delle imprese sono legati alla pubblicità che però è scesa, una volta conclusa la fase della new economy e delle privatizzazioni, dal 54% sul fatturato del 2001 al 46% del 2005. In aumento, per portare complessivamente in attivo i bilanci delle imprese di quotidiani – da 160 milioni di utili nel 2000 ai 327 nel 2004 – vi è l’avventura della terza gamba, quanto a dire i collaterali vendute in edicola in abbinamento, con un successo clamoroso per alcuni anni, ma che sta ormai atrofizzandosi.
6. Così, dopo una breve fiammata e una ricerca di normale attività giornalistica – vendita di notizie e di spazi pubblicitari in cambio di un prezzo; e vinca il migliore – i giornali stanno via via tornando per lo più alla loro attitudine storica. Strumenti eminentemente politici per influire sulla società politica, raccontarne le avventure. Con tono amichevole e umoristico quelle degli amici, con astio e sarcasmo quello «degli altri».