Chips & Salsa

articoli e appunti da franco carlini

  • fc

Quotidiani per comunità

Posted by franco carlini su 23 novembre, 2006

Agostino Giustiniani
Movimenti quotidiani. Quindi giorni fa Il Secolo XIX, quotidiano di Genova e della Liguria (120 anni di storia) ha cambiato faccia. Domenica scorsa ha fatto altrettanto La Stampa di Torino, modificando anche il formato della carta e la struttura del suo eccellente sito. In entrambi i casi, e seguendo l’esempio dei concorrenti maggiori, si passa a un pieno di colore in tutte le pagine che serve soprattutto per la pubblicità, mentre di solito aggiunge abbastanza poco all’informazione.
La policromia viene chiesta dagli inserzionisti e dall’altro può essere venduta a prezzi migliori. Le 64 pagine semi-tabloid della Stampa (44,5 centimetri per 31 circa), frutto di tre anni di lavoro e di 60 milioni di euro di investimento, sono un bel colpo per i lettori più tradizionali, e non per caso il direttore Giulio Anselmi ha spiegato loro che è «tutta nuova senza esagerare» e che «questa trasformazione radicale non segna una brusca rottura con il passato». Anche se la diffusione del quotidiano torinese è abbastanza localizzata nel nord ovest, esso tuttavia resta un giornale nazionale che conta, malgrado le passate direzioni con la testa rivolta altrove (Carlo Rossella e Guido Sorgi). Lo sforzo prevalente è di ordinare e evidenziare notizie e opinioni, nel nuovo mondo delle news «sempre più ridondanti e complesse» e questo è esattamente il problema di ogni medium, oggi.
La storia del «Decimono» interessa per altri motivi. Intanto perché è una testata regionale, diffusa specialmente in Liguria e nel basso Piemonte e poi perché è probabilmente l’ultimo dei grandi giornali italiani di proprietà di un editore puro, uno cioè che ha come attività principale di fare informazione. E’ dal 1908 che la famiglia Perrone, ora arrivata alla quarta generazione con Carlo, possiede questo giornale. Un tempo aveva anche Il Messaggero di Roma la cui proprietà e indipendenza Alessandro Perrone difese strenuamente nel 1974, purtroppo senza successo.
Molti altri invece sono controllati da azionisti singoli o in patto tra di loro che hanno altri interessi come finanza, energia, edilizia e che con la proprietà di uno o più quotidiani insieme celebrano se stessi e esercitano influenza sull’agenda politica.
Ma per restare in Liguria: la nuova forma è radicale nella semplicità. Non sconvolge il lettore, che in Liguria è abbastanza anziano e piuttosto tradizionale, ma lavora d’aria. Il progetto è di Mario Garcia, un designer cubano-americano. Sotto la testata compare una «barra di navigazione» (proprio così la chiama il direttore Lanfranco Vaccari, prendendo a prestito il termine dai siti web) che propone alcuni servizi nazionali e internazionali. Una barra verticale a sinistra, sempre in prima, evidenzia invece le notizie di importanza locale. All’interno le pagine sono evidentemente modulari, tra di loro abbastanza simili a evitare fatiche di lettura e facilitare le scansioni. Sono costruite a partire da pochi moduli base che possono venire montati tra di loro, come fosse un Lego. Due i tipi di caratteri usati, il Chronicle e il Gotham; quest’ultimo si chiama così prendendo il nome dalla città di Batman. Le sezioni hanno una testata ben visibile e colorata che ha molti è apparsa persino eccessiva e troppo moderna.
La regionalità si concretizza nel secondo dorso, che è diverso a seconda delle quattro province. E’ un costo elevato, perché servono redattori e uffici locali, ma anche un valore, se è vero quanto gli studiosi dei quotidiani vanno sostenendo, ossia che nella crisi generale della stampa quotidiana e generalista, sono proprio le testate «minori» ad avere più spazio e futuro, sia per le notizie che solo loro possono dare, e che il pubblico non trova da nessuna altra parte, sia per la raccolta pubblicitaria. Anche qui torna la lezione americana dove su un totale di 1452 testate ben 1242 (l’85 per cento) sono locali, con tirature inferiori alle 50 mila copie e dove quelle sopra le 250 mila copie sono soltanto 34, ovvero un misero 2,3 per cento. E del resto è proprio a tale localizzazione che sta puntando l’editore sardo Nicki Grauso con il suo free press chiamato e-Polis, diffuso già ora in una dozzina di medie città italiane, oltre che a Roma.
All’interno di questa tendenza a parlare alla comunità locale e a mettersi al suo servizio, una spinta ulteriore viene dall’internet, perenne fonte di invenzioni oltre che di neologismi. Lo chiamano dunque «hyperlocal journalism» e uno dei casi più classici è il minuscolo Barista of Bloomfield Ave (www.baristanet.com) che anima la comunità di Bloomfield, New Jerseyç 47.683 abitanti su , 12.075 famiglie. L’ha fondato Debbie Galant (www.debbiegalant.com) che per cinque anni fu commentratrice al New York Times e che ora si dedica esclusivamente a questo sito-blog che è una miscela di mini di cronaca, di giornalismo dal basso e di servizi alla comunità. Con una certa cattiveria queste esperienze sono state definite come «una specie di newsletter di una chiesa o di una comunità», e tuttavia vanno crescendo: varrà la pena di vederle da vicino.

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

 
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: