spionaggi quotidiani / Quel verme nel computer di Colao
Posted by franco carlini su 23 novembre, 2006
Secondo massimo Mucchetti gli spioni che cercarono di entrare nel suo computer al Corriere della Sera lo fecero in questo modo: a una serie di indirizzi di posta elettronica (di Mucchetti stesso, di Vittorio Colao amministratore delegato del gruppo, di Barbara Poggiali, capo della pianificazione strategia, di Carlo Fornaio, direttore delle relazioni esterne e di altri) venne mandato un messaggio che fingeva di arrivare dall’Help Desk informatico del gruppo, ovvero dai gestori dei sistemi informativi. Proveniva in realtà da un server uruguayano e da uno coreano. La mail invitava in destinatari a scaricare un piccolo programmino (uno script, in gergo) che avrebbe ottimizzato il sistema di posta elettronica. Mucchetti, che non ama particolarmente le tecnologie, non lo fece e il suo computer passò indenne all’invasione, mentre Colao, noto appassionato, e forse altri, seguirono il consiglio. Lo script in realtà era un worm (verme, o baco informatico) chiamato TrojanDropper.vbs.inor.e (ne esistono molte versioni, identificate da diverse lettere). non si tratta di un virus che provochi malfunzionamenti ma di un downloader, ovvero di un software che scarica sul computer in cui è penetrato un altro programma, il quale a sua volta può per esempio prelevare file di archivio e spedirli in copia altrove. Tra i materiali rubati dal computer di Colao c’era una prima versione del piano strategico del gruppo. E’ possibile che siano stati esportati anche archivi di posta elettronica. Spionaggio industriale dunque, ma dall’esterno o su ordine di qualche azionista del gruppo stesso? E’ interessante notare come Colao, proveniente da Vodafone Italia fosse entrato in carica da soli tre mesi. L’episodio è del tutto analogo a quanto avvenuto nella casa americana di computer HP, dove però fu la presidenza del consiglio di amministrazione a incaricare un’agenzia privata di spiare consiglieri e giornalisti.
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