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Non è tutto bello quel che è mela

Posted by franco carlini su 11 gennaio, 2007

il manifesto, Franco Carlini

Quando si deve vendere, un po’ di esagerazione non guasta. Nessuno scandalo dunque, ma qualche sorriso sarà lecito, per le ultime parole di Steve Jobs, martedì a San Francisco: “Nel 2001 l’iPod ha cambiato tutto, faremo lo stesso nel 2007 con l’iPhone”. L’ha detto indossando la solita camicia nera, gli occhialini e sfoggiando davanti agli affezionati ammiratori una presentazione a diapositive perfetta come sempre nel ritmo e nelle musiche. E’ nota la cura maniacale con cui Jobs prepara ogni dettaglio delle sue salite sul palco e anche questo fa parte dell’alone mitico che lo circonda. A ruota sono arrivati commenti entusiastici da parte di quotidiani, siti web e blogger vari, anche italiani, in prima fila nel provincialismo filo californiano.

Ma di cosa si tratta? Se l’iPod è il famoso lettore di musica, fighissimo, da portare in cinta o in mano o al collo, questo nuovo iPhone, con la stessa lettera ‘i’ davanti, e con una fonetica assonante, contiene queste relative novità: un telefono cellulare; un lettore di musica e di video con tanta memoria per tanti brani; un computer miniaturizzato che permette di navigare in rete e fare posta elettronica; una macchina fotografica con decente definizione, ma non eccezionale.

Chi giudica tutto ciò una rivoluzione si sbaglia: queste funzioni e prestazioni sono già sul mercato da mesi, in una cinquantina almeno di cellulari esistenti, prodotti dalle case più diverse, e sono offerti anche da diversi operatori cellulari. Finora li si è chiamati Smart Phone, ma anche palmari, Pda, con qualche imprecisione. Usano diversi software di base, dal Symbian della Nokia a Linux, ma soprattutto utilizzano il Windows Mobile di Microsoft.

Dunque curiosamente, rispetto alla storia dell’informatica degli ultimi 25 anni, per la prima volta Steve Jobs della Apple, quello che storicamente detta il passo dell’innovazione, si è trovato a inseguire prodotti animati dal software dell’arcirivale Bill Gates. Il contrario invece era appena avvenuto nei mesi scorsi quando Microsoft lanciava il suo lettore musicale Zune, nel tentativo di entrare anche lei nel mercato di iPod e fratelli e sorelle. Zune è un altro prodotto bellino, ma non sta avendo il successo sperato: troppa la concorrenza e troppo pochi i vantaggi in più che può offrire. Microsoft d’altraparte si sa è speciale nel finanziare anche in perdita (con il flusso di cassa che ha alle spalle) ilsuo ingresso in altri mercati che le appaiono strategici ed oggi l’intrattenimento mobile è tale.

Ma per tornare alla mela telefonica: iPhone è bello, colorato e curato, come ogni prodotto dell’azienda di Cupertino. Lo stile della casa si vede ed è attraente, ma in quello scatolino di sono diversi problemi, per cui il successo di massa non è garantito. Le indiscrezioni dicono che Apple si accontenterebbero di conquistare l’uno per cento del mercato mondiale.

Prima questione: la tastiera non c’è ma appare invece disegnata sul monitor, ed è al tasto (touch screen), il che non è il massimo dell’ergonomia, perché quel monitor può deteriorarsi e soprattutto perché il ritorno tattile delle azioni compiute è una qualità importante dell’usabilità, per noi umani.

Secondo problema: in linea con la (peggiore) tradizione della Apple, sembra proprio che non sia un sistema aperto, né per i formati, né per i software da usare in questo nanocomputer portatile. E’la filosofia della nicchia di prestigio, che tuttavia contrasta clamorosamente, anche dal punto di vista del mercato con un mondo di rete dove l’Open sta a tal punto vincendo da spingere gigantoni come Ibm, stelle tecnologiche come Sun Microsystems, monopolisti come Microsoft ad abbracciare, in diversa misura, quel modello.

Terzo elemento critico: a differenza dei lettori di musica e dei computer che possono vivere anche da soli, i cellulari devono appoggiarsi preferibilmente su un qualche operatore telefonico mobile che convogli i servizi e permetta loro di agganciarsi alla rete. Tanto più nel mercato Usa, dove quegli apparecchietti non vengono quasi mai venduti soli, ma sempre in rapporto a un abbonamento telefonico. Apple ha stretto un accordo con Cingular Wireless (At&t) ma dovrà darsi da fare per strappare collaborazioni anche con gli altri, il che non è affatto semplice per un problema di brand: gli operatori cellulari vogliono essere loro al centro dell’universo simbolico dei loro clienti e non amano i prodotti che siano importanti quanto a fama. Uno si deve sentire di Verizon o di Cingular, non di Apple o Nokia. Insomma è conflitto sicuro.

C’è una ratio in questa mossa, ovviamente, e per dirla volgarmente si traduce così: il tasso di crescita degli iPod, da diversi mesi è in stallo, anzi in diminuzione. Del tutto ovvio, peraltro, dato che il mercato di chi se lo poteva permettere sta diventando saturo. Obbligatorio dunque offrire a chi già ce l’ha (l’iPod), l’opportunità e la tentazione di fare un upgrade, passando a un modello superiore, chiamatelo pure iPhone. Sono questi già utenti i primi destinatari del messaggio, piuttosto che il mervcato vasto dei telefonatori cellulari. Tanto più che i prezzi, comunque destinati a scendere, sono di tutto rilievo: 500 e 600 dollari per le due differenti versioni.

Tutti a casa, davanti agli schermi

Contemporaneamente Apple risponde con un altro progetto a quanto i concorrenti stanno esibendo in questi stessi giorni a Las Vegas, dove è in corso il Consumer Electronic Show, ilsalone dell’elettronica di grande consumo, tutti i gadget possibili. La tendenza che emerge non è nuova nemmeno in questo caso, ma ormai sembra matura: sono pronti i pezzi per l’intrattenimento multimediale domestico. L’architettura è chiara, in tutte le diverse versioni delle diverse case: in casa entra una connessione a banda larga che si aggancia a una scatolotto in quale fa due cose.Intanto è un gigantesco hard disk, dove depositare tutto il possibile, dai film alla posta. La scatola però fa anche da antenna senza fili (WiFi) verso tutti gli apparati elettronici di casa che possono essere diversi computer, console da videogiochi, riproduttori musicali, grande schermo tv. Da ognuno di loro si può accedere sia al magazzino digitale di casa sia a quello che offrono le reti esterne, l’internet come le televisioni.

Apple iTv, già presentato un anno fa, va in questa direzione, per 300 dollari, ma anche in questo caso il territorio è già assai affollato di proposte e comunque nessuna delle soluzioni predisposte è ancora pienamente soddisfacente e integrata. Infatti se in linea teorica l’architettura è chiara, i problemi di compatibilità e di armonizzazione tra diversi hardware e software non sono affatto semplici né risolti. La strada è chiara e persino inevitabile, ma è ancora un po’ accidentata.

Oltre a tutto è inquinata da invenzioni tanto appariscenti quanto stupide come il sistema esibito da Microsoft per cui alla massaia inesperta un computer di cucina proietta la ricetta sul muro, passo passo, con relative animazioni, e lei segue fedelmente l’algoritmo culinario, per di più dando gli ordini a voce agli elettrodomestici. Meglio lasciar perdere, roba da fiera delle meraviglie dell’ottocento, roba da giapponesi con la toilette che fa le diagnosi alle urine. Pisciatine insomma.

2 Risposte to “Non è tutto bello quel che è mela”

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  2. Il concetto è “innovazione”, sembra che tu sappia tanto di Jobs, dovresti sapere che se il loro lavoro è rimasto segreto cosi tanto tempo (tanto che Cisco l’ha saputo il giorno della presentazione), vuol dire che le carte sono ancora da giocare ben bene.

    Permetti, Windows Mobile non è un granchè, e Linux neanche su dispositivi portatili.

    E se invece di inseguire, stessero rinnovando, espandendo verso nuovi orizzondi? Già anche solo il multitouch, 8gb interni…

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