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Da Cagliari a Mountain View

Posted by franco carlini su 26 luglio, 2007

Renato Soru, presidente della regione Sardegna, ha il pregio delle idee chiare e del parlar netto: «A distanza di tre anni mi sono reso conto che l’interattività del digitale terrestre non esiste. La televisione è broadcasting e broadcasting muore. Una cosa è internet, un’altra la televisione (..) Posso assicurare che ogni piccolo paese della Sardegna avrà la banda larga entro il 2008» – così nel più recente convegno sul tema. Il ministro Gentiloni ha debolmente replicato dicendo che il digitale terrestre e l’internet a larga banda non sono in competizione tra di loro. Tecnicamente è anche vero, ma sono due cose quasi agli antipodi. Il digitale terrestre è il semplice (a parole) passaggio dei formati televisivi classici a un’altra codifica, con interazione zero. Va fatto, ma non aggiunge nulla e non merita particolari incentivi. Al massimo, nei paesi più seri, riesce a liberare delle frequenze che potrebbero invece essere ridistribuite, allargando il pluralismo – cosa che in Italia non sta avvenendo. La banda larga è fattore di sviluppo economico (nuovi imprenditori di contenuti, apparati e servizi), di informazione civica e pubblica, di abilitazione» delle persone alla comunicazione. Insomma ha a che fare anche con la democrazia.

Lo si capisce chiaramente saltando da Cagliari a Mountain View, California, dove Google ha deciso di partecipare, in concorrenza con i grandi operatori della telefonia come Sprint e Verizon, alle gare per l’assegnazione delle nuove frequenze wireless. Il che non significa che Google voglia mettersi a vendere telefonini, ma solo che ha ben capito che lo spettro è un bene pubblico, cui tutti, singoli e imprese, devono poter avere accesso, nella prospettiva di un’internet mobile, ormai all’ordine del giorno. Per questo il suo capo, Erich Schmidt, chiede che chiunque vinca le licenze, sia obbligato a far transitare sulle sue reti anche i contenuti degli altri, una sorta di roaming obbligatorio, una regola del tipo “must carry”, che garantisca la circolazione dei bit concorrenti. Google ovviamente pensa ai suoi interessi, che però, in questo caso, coincidono almeno in parte con quelli dei consumatori e soprattutto dei cittadini.

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