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Ricucci, un ciclone in stile «noantri»

Posted by franco carlini su 17 giugno, 2007

il manifesto, 17 giugno 2007

FRANCO CARLINI

Parla Ricucci: i sette verbali finora segreti dell’immobiliarista romano, stanno per essere depositati agli avvocati, ma sono comparsi in anteprima su due paginate di Repubblica, la prima di alcune puntate. Il format è inconsueto, perché l’autore, Giuseppe D’Avanzo, mescola scenari e suoi commenti alle virgolette estratte dagli interrogatori. Quelle citazioni ovviamente sono le parole di una persona sotto accusa, che ha un legittimo interesse a difendere se stesso, in quello che dice come in quello che non dice. Il personaggio Ricucci, peraltro, ha una sua genuina schiettezza: magari userà quel tono sciolto per ingraziarsi chi lo interroga, ma non si sfugge alla sensazione che, almeno in parte, ci sia del vero nei fatti e soprattutto nel clima che descrive.

Le cose da lui dette in gran parte le si era intuite, ma ne viene la conferma: in quell’estate si svilupparono tre operazioni in parallelo, l’una per la conquista della banca Antonveneta da parte del signor Fiorani della Popolare di Lodi; l’altra per il Corriere della Sera, la terza per la Bnl, da parte di Consorte-Unipol. In ognuna di queste operazioni c’era uno sfondo e un interesse politico, del centro destra nei primi due casi, dei Ds nel terzo. Le due scalate bancarie avevano protagonisti in parte coincidenti e si coprivano l’una con l’altra.

Dello svolgimento delle operazioni i politici erano informati – e anche questo non è nuovo: Berlusconi stava prudentemente defilato, ma veniva aggiornato regolarmente attraverso suoi uomini e comunque ricevette una telefonata entusiasta di Fiorani quando la conquista di Antonveneta sembrava fatta. Delle telefonate con cui Consorte informava e riceveva incoraggiamento da Fassino, and Co. tutto ormai si sa, e Ricucci non aggiunge nulla. Un elemento nuovo è quel 10 per cento di azioni di Bnl che pare fosse sotto il controllo di oscuri argentini, ma in alleanza con Gaetano Caltagirone. Qui Ricucci evoca timori per la sua stessa vita e la butta in massoneria. Per allargare il campo ricorda di aver assistito a telefonate di Caltagirone al genero Casini, parlandosi tranquillamente di assegni. Immediato l’annuncio di querela del capo dell’Udc.

Nelle soap opera le puntate chiudono sempre con un elemento di drammatizzazione, di modo che si debba aspettare il giorno dopo per togliersi la curiosità. In questo caso Repubblica lascia le virgolette sospese a proposito del ruolo di Berlusconi nella scalata al Corriere.

Il sindaco di Roma, pienamente impegnato nel difendere il futuro partito che intende dirigere, stigmatizza: «Vorrei sapere perché riemergono, due anni dopo, le dichiarazioni di un personaggio come Ricucci, volte a spargere veleno su persone che onorano la vita istituzionale del nostro Paese (probabilmente allude Casini; ndr), sulla vita economica della mia città (probabilmente allude Caltagirone; ndr) e del mio Paese».

La dichiarazione di Veltroni è improvvida e la risposta al «perché» che lo affligge sta nei libri di scuola di diritto: i processi vengono fatti in nome del popolo italiano, in luoghi pubblici e con atti pubblici. Prima si depositano e si celebrano, meglio è. Se Ricucci ha diffamato si prenderà una condanna – ma si ricordi che l’imputato non è obbligato a dire il vero. Però ognuno di noi ha diritto di sapere che cosa è successo quell’estate, anche attraverso la voce dei protagonisti di parte.

E meglio sarebbe che quegli atti non fossero scelti e formattati da nessuno quotidiano, ma messi alla lettura di tutti, come avvenne in rete con il rapporto su Clinton e la sua stagista. In ogni caso siccome era un’estate torbida è bene che il fango ribolla per poi depositarsi in una verità almeno processuale.

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